Valgraveglia: una gita nelle terra dei testaieu

15 maggio 2011
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Testaroli: spostandosi verso levante le forme si assottigliano e ai condimenti classici si aggiunge anche il sugo di funghi

Testaroli: spostandosi verso levante le forme si assottigliano e ai condimenti classici si aggiunge anche il sugo di funghi

Maggio, tempo di gite. Lungo la strada da Chiavari verso l’Appennino e la Valgraveglia si passa dal paesaggio marittimo a quello più aspro del Monte Biscia e del monte Zatta da cui nasce il torrente che dà il nome alla valle. La zona è disseminata di piccoli borghi (suggeriamo l’itinerario dei Fieschi e le memorie degli avi di Giuseppe Garibaldi). Verso il monte si trovano gli alberi di castagno, più in basso uliveti e vigneti da cui si producono olio e vino bianco. Questi prodotti, come il miele, la frutta e gli ortaggi sono venduti direttamente dai contadini al Mercatino dei prodotti della terra che si tiene ogni anno da maggio a ottobre.

La cucina di queste zone è quella ligure, con influenze spezzine e parmensi. Qui il piatto più conosciuto sono i testaieu (o testaroli), delle focaccette di grano cotte in appositi testi di argilla. Per quanto siano un piatto realizzato con ingredienti semplici (farina, acqua e sale), quello che le rende particolari è la cottura a legna nel caratteristico coccio da cui prendono il nome. Quelli del levante ligure differiscono dai panigacci della lunigiana perché i testi sono leggermente più profondi. Di conseguenza risultano più spessi e all’interno rimangono leggermente crudi. I testi di terracotta sono fabbricati prevalentemente a Iscioli, una frazione del comune di Ne. A volte i testaieu vengono preparati anche con farina di castagne che in passato era un alimento di facile reperimento nella zona di Statale.

Per fare i testaieu (se avete i “testi”, il forno a legna o un posto sicuro per accendere il fuoco) vi servono: 1/2 chilo di farina di grano tenero, 1/2 litro d’acqua e un po’ di sale. La preparazione non è particolarmente complessa: si deve amalgamare la farina con l’acqua e il sale. Dopodiché si mettono i testi sul fuoco impilati, sino ad un massimo di quindici per volta, per 10-12 minuti.Quando sono belli roventi si tolgono dal fuoco usando delle pinze e si versa un cucchiaio di pastella in ogni tegamino tranne che nell’ultimo, che funge da coperchio. Si rifà quindi la pila e la si lascia lì per altri 5-6 minuti senza rimetterla sul fuoco. Il calore dei testi cuoce i testaroli che una volta pronti si possono condire o consumare al posto del pane con salumi e formaggi. I condimento più usato è il pesto, ma non mancano altre soluzioni, come con olio e formaggio o una salsa a base di olio e aglio.

Preparare i testaieu è un bel lavoro, e spesso è più comodo assaggiarli in zona (un’occasione è l’antica sagra estiva in località Reppia, a Ne). La valle, poi, sa offrire altre proposte: ad esempio c’è la baciocca, una torta salata a base di patata quarantina cotta anch’essa in un testo di terracotta (o di ghisa) su una base di foglie di castagno. O il pan martin, tipico dell’entroterra sia genovese che spezzino, fatto con farina bianca e farina di castagne e cotto sotto il testo caldo poggiato su foglie di castagno: una meraviglia con i salumi o le caciotte della val d’Aveto. Tra gli ortaggi va ricordata la cipolla rossa di Zerli, dal sapore dolce, spesso consumata cruda o sotto forma di marmellata.

Per maggiori informazioni sulla valle rimandiamo a questo portale dedicato ai prodotti agroalimentari della Comunità Montana Valli Aveto Graveglia Sturla (da cui abbiamo ripreso la ricetta dei testaieu). E se si decide di fare una gita da queste parti, un’idea per smaltire le calorie è una bella escursione alla miniera di Gambatesa.

Nella foto: Testaroli. Spostandosi verso levante le forme si assottigliano e ai condimenti classici si aggiunge anche il sugo di funghi (di Ikarus83, fonte: Wikipedia).

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