Dalla tradizione genovese un piatto di doganieri e condannati a morte
Arrivano i primi freddi e il desiderio di un piatto caldo e corroborante. La sbïra, o minestra alla sbirra è uno delle più tipiche preparazioni genovesi di trippa, anche se forse non è la più conosciuto. Il suo nome ci riporta ai tempi in cui era consumata dai doganieri e dalle guardie genovesi delle carceri situate nei sotterranei di Palazzo Ducale. Qui, a volte, la sbira costituiva l’ultima cena dei condannati a morte, fungendo da ricostituente e da esaudimento dell’estremo desiderio prima dell’esecuzione.
Servita caldissima, questa zuppa energetica e ipercalorica era ideale per ritemprarsi dopo ore di lavoro pesante e al freddo. In passato veniva consumata intorno alla mezzanotte nelle bettole e nelle osterie dell’angiporto, dove la apprezzavano molto gli scaricatori del porto, conosciuti in città come “caravana” o “camalli”. Tradizione vuole anche che fosse uno dei piatti del Capodanno, spesso gustata bevendo vino e cantando in allegria.
Oggi è cambiato tutto. La sbira è quasi dimenticata e a Genova un esercito di camerieri dei locali, autisti, opertori ecologici e qualche divisa si concede un momento rigeneratore con un cappuccino e un po’ di focaccia nei negozi aperti di notte: Borgo Incrociati, via Pisacane, Corso Europa, Corso Sardegna. Anche questa ormai è una tradizione cittadina, alimentata nel weekend dal popolo delle discoteche.
Volendo riportare in auge questa zuppa alla sbirra, cercheremo di prepararla a casa, magari per una cena tra amici. La ricetta non è difficile, ma richiede un po’ di tempo. L’ideale sarebbe prepararla quando vi avanzano in frigorifero del sugo di carne e del brodo: sarete già a metà del lavoro.
Chi non conoscesse le trippe le può distinguere così: la cuffia è la parte a cellette simile a un alveare. La centopelle sembra fatta da tante lamelle lunghe. Vi è anche una parte “liscia” un po’ meno ricercata ma ugualmente utilizzabile se tagliata fine.
Ecco che cosa vi serve per 3-4 persone: 1 chilo di trippa (meglio la centopelle), 100 ml di olio d’oliva, 120 grammi di burro (un tempo si usava anche il midollo ma l’uso oggi è proibito; se trovate lo strutto potete fare metà e metà), una cipolla, un gambo di sedano, un ciuffo di prezzemolo, un pugnetto di funghi secchi, un cucchiaino di pinoli, mezzo bicchiere di vino bianco, sale, due bicchieri di sugo di carne, un pentolino di brodo, pane casereccio abbrustolito, patate lesse.
Preparazione: prima di tutto bisogna tagliate le trippe a listerelle e tritate fini le verdure e i funghi. Se non avete un sugo di carne e del brodo preparateli ora. Mettete anche a bollire le patate: mentre farete il resto faranno a tempo a cuocere e a raffreddare. Se avete tutto mettete in una pentola abbastanza grande il burro, l’eventuale lardo e l’olio e fate rosolare le verdure ed i funghi. Quando saranno dorati (non fateli bruciare!) unite le trippe, i pinoli schiacciati e il vino. Mescolate fino a far evaporare l’alcol, aggiungete il sugo di carne e regolate il sale. Fare cuocere a fuoco basso col coperchio per un’ora e mezza mescolando ogni tanto e controllando che la trippa non si attacchi al fondo.
Per servire preparate 3-4 ciotole grandi e fate tostare il pane in forno o nel tostapane (se ci sta). Aggiungete le patate lesse a fette o a pezzi nelle ciotole. Versate una mestolata di sugo, una di trippa e infine una di brodo. Il tutto deve mescolarsi e rimanere ben caldo. Se volete potete aggiungere una cucchiaiata di parmigiano grattugiato a testa. Un consiglio: preparate la sbira in una giornata fredda o come “gran finale” di una gita in campagna.
Foto: by Tavallai, da Flickr