Lavagna, alla scoperta del (vero) pesto alla genovese

7 ottobre 2011
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Le trofie: uno degli abbinamenti riusciti con il pesto alla genovese

Le trofie: uno degli abbinamenti riusciti con il pesto alla genovese

Torna nel centro storico di  Lavagna l’appuntamento con “Pesto e dintorni”. La rassegna, giunta all’ottava edizione, si terrà venerdì 7 (15.00-20.00), sabato 8 e domenica 9 ottobre (10.00-20.00).

L’iniziativa vuole promuovere il vero pesto genovese e gli ingredienti che lo compongono oltre che una serie di specialità agroalimentari e ittiche liguri. Il programma e il dettaglio degli eventi sono disponibili sul sito dell’evento.

Il pesto, erede del moretum dei romani a base di olio, aglio e formaggio e dell’agliata ancora utilizzata in Liguria (sul pane, sui testaieu…) è il simbolo per eccellenza della cucina ligure. Per tutelarlo è nato un Consorzio che ha elaborato un vero e proprio disciplinare: senza certi requisiti non è pesto, ma una generica salsa di basilico, olio e parmigiano.

Partiamo dall’ingrediente principale: il basilico (Ocimum Basilicum). Chi vive a Genova non farà fatica a trovare quello genovese che deve avere le foglioline piccole e chiare. Di solito utilizziamo quello di Genova-Prà in mazzetti.

Secondo il disciplinare (regolamento 796/02/ CEE) l’olio extra vergine di oliva deve essere ligure o delle regioni limitrofe. Noi solitamente usiamo il Dop della Riviera di Ponente o un “Taggiasca”, ma si può usare anche quello più delicato del Levante.

I formaggi da utilizzare per preparare il pesto sono due: il parmigiano e il pecorino. Il primo deve essere Parmigiano Reggiano Dop o Grana Padano Dop. Sul secondo c’è un po’ più di libertà: noi utilizziamo il Pecorino romano, ma vanno bene anche quello toscano, sardo o siciliano.

Per quanto riguarda l’aglio l’ideale è quello di Vessalico. Non è facilissimo trovarlo e il costo non è indifferente. Il disciplinare, in ogni caso, chiede l’uso di aglio italiano.

I pinoli devono essere mediterranei: questi, di solito sono più oblunghi (e saporiti) rispetto a quelli cinesi (più tondi). Quando li troviamo cerchiamo di utlizzare i pinoli di Pisa, se no quelli spagnoli del supermercato.

Per fare il vero pesto genovese occorrono un mortaio di marmo, un pestello in legno e molta pazienza. Bisogna schiacciare le foglie di basilico un po’ alla volta con qualche grano di sale grosso facendo quasi girare il pestello nel mortaio. Non si devono lasciare foglie intere né “martellare” il contenuto.

Molti mettono tutto nel frullatore e preparano il pesto in cinque minuti. Bisogna notare, però, che le lame non schiacciamo le foglie di basilico ma le tagliano modificando la preparazione. Per chi ha poco tempo il frullatore è un compromesso accettabile a patto che il motore, girando troppo a lungo, non scaldi la salsa. Un consiglio: aggiungete l’olio nella ciotola dopo la preparazione.

Quello in vasetti non sempre è un vero e proprio pesto alla genovese. Se è scuro è probabile che il verde non sia tutto basilico ligure. Poi bisogna leggere bene la lista degli ingredienti: spesso troviamo l’olio di semi e gli anacardi al posto dei pinoli. Il motivo di queste modifiche, più che economico, è di gusto: non a tutti piace sentire l’aglio, l’oliva e il resinoso del pinolo, per cui i grandi produttori si adattano.

Foto: by lucadea, da Flickr

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