Più che i risultati, almeno per la prima volta, ci spingerà la passione di veder fermentare in cantina la nostra birra. Homebrewing, infatti, significa “fermentazione in casa” e consiste nel prepararsi la birra da soli in cucina.
Ciò si può intraprendere in tre modi corrispondenti a tre gradi ascendenti di impegno. Il primo è usare gli estratti luppolati già pronti. Praticamente basta scaldare, aggiungere il lievito, far fermentare e imbottigliare dopo 10-15 giorni. Non tutto, in realtà, è così scontato, il rischio più tipico è che si infetti la birra e l’igiene dev’essere maniacale.
Il secondo metodo parte dall’estratto di malto, mentre i luppoli e altri malti in grani per modificare il sapore si aggiungono a parte: è il livello “intermedio” per chi vuole iniziare a sviluppare il proprio gusto birraio.
La terza strada, quella dei più bravi è l’ “all grain”: si parte dai malti in grani e dai luppoli e si crea una birra totalmente su misura per il proprio palato. Il lavoro per fare la “cotta” è più impegnativo, ma salvo errori tutto è sotto il nostro controllo.
L’occorrente per gli “estrattisti” (le prime due strade) è poca roba: un pentolone, il fermentatore (è una specie di bidone in plastica con un tappo e un rubinetto), il gorgogliatore, un altro fermentatore (o recipiente simile) per i travasi, un termometro da 0 a 100 gradi, un densimetro, le bottiglie, la tappatrice e i tappi a corona. Spesso tutto questo viene venduto in kit con gli estratti per realizzare la prima birra casalinga. Il materiale, comunque, rimane utile anche passando all’ “all grain”. Il costo di un kit birraio da 23 litri (è una sorta di standard) va dai 55 ai 75-80 euro, escluse le bottiglie che si possono acquistare a parte oppure recuperare. Meglio quelle scure, da spumante o da birra artigianale. Le altre sono troppo delicate.
Il procedimento (sempre con gli estratti) è a grandi linee questo: si fa la “cotta” con acqua, estratti ed eventuali grani. Questa fase passa attraverso diverse temperature e un veloce raffreddamento (a questo servono il termometro, Poi si mette il lievito e lo si fa lavorare per una decina di giorni nel fermentatore munito di gorgogliatore (serve a far uscire l’anidride carbonica senza far entrare l’aria). A questo punto di solito si travasa e si lascia stagionare ancora due-tre settimane per ottenere una birra più limpida. A questo punto si passa al lavoro di imbottigliamento: per la rifermentazione in bottiglia si usa una puntina di zucchero, ma attenzione… se è troppo avrete creato delle bombe a mano! Insomma, tutto sembra abbastanza facile, ma è importante rispettare certe regole: le temperature e soprattutto l’igiene: una birra “infetta” è da buttare via.
Questa volta non diamo ricette perché non solo non siamo esperti, ma non abbiamo ancora provato. Quando proveremo a farci la birra in casa (pensiamo entro l’estate) vi faremo un reportage. In attesa di raccontarvi come è andata (l’esito potrebbe essere anche comico), rimandiamo alle pagine di chi ha esperienza. Su internet le ricette e i siti dove vendono gli accessori non mancano. Tra i portali dedicati Birramia (hanno anche i prodotti senza glutine per i celiaci) e MrMalt (forte anche nell’all-grain) e il negozio Roybeer, E poi ancora siti pieni di informazioni come Birraland, Fermentobirra e Unionbirrai con tanto di concorsi per homebrewers.
Foto: dall’album Flickr di Tim Pearce Los Gatos.